Buongiorno! 🙂
“Vivere per lavorare o lavorare per vivere…” cantava Lo Stato Sociale a Sanremo qualche mese fa. Questo verso mi è tornato in mente ascoltando l’ondata dei nuovi pazienti che la fine delle vacanze, con tutti i buoni propositi che ne conseguono, ha portato con sé.
Oggi vorrei parlare proprio di come il lavoro che svolgiamo influenzi il nostro modo di mangiare.
Non vi ho mai taciuto che un percorso di cambiamento del peso che abbia successo, cioè alla cui conclusione il peso rimanga stabile, richiede impegno e, quindi, sacrificio. Per tutti, di ogni età, sesso e stato lavorativo.
Alcuni lavori, però, sembra che presentino più difficoltà di altri. Come ripeto sempre ai miei pazienti, però, per tutto c’è un rimedio. Almeno in campo dietetico! 😉
Propongo due casi con nomi di fantasia. Il primo è Giuseppe che svolge un lavoro itinerante, che lo costringe a mangiare sempre fuori casa, in zone diverse, il secondo è il caso di Maria che sta quasi tutto il giorno a casa per accudire due bambini piccoli.
Giuseppe lamenta di non avere orari fissi per il pranzo e di non sapere mai dove pranzerà, quindi di non poter organizzare il pasto.
Parlando, scopriamo che, in realtà, esiste la possibilità di organizzare l’agenda in modo che il pranzo sia sempre tra le 13 e le 13.30.
Inoltre, anche non potendo o volendo cucinarsi qualcosa a casa, è sempre possibile fare delle scelte salutari anche pranzando fuori, anzi, ci sono sempre più locali che offrono opzioni salutari. Nel caso di Giuseppe, potrà scegliersi un primo e abbinarci delle verdure, valutando bene la ricchezza del condimento del primo piatto e regolando di conseguenza l’olio che utilizzerà sulle verdure, che chiederà di avere scondite. Concluderà con una coppetta di macedonia o un frutto; se il locale non prevede proprio frutta, Giuseppe avrà sempre con sé un frutto “di emergenza”.
Ciliegina sulla torta, Giuseppe riesce a tornare a casa per le 18.30 massimo e la moglie rincasa circa due ore dopo. Due ore per rilassarsi con l’attività fisica preferita dopo la giornata trascorsa tra auto e riunioni!
💡 Quindi, se il lavoro vi costringe ad essere itineranti, non demordete: potrete non organizzarvi ugualmente bene tutti i giorni, ma la perfezione non è di questo mondo e un buon compromesso è possibile!
Maria, invece, ha due figli, una bimba di quattro anni e una di due anni. Il marito per lavoro pranza fuori, mentre cena a casa. La difficoltà che espone Maria è quella di essere tentata dalle leccornie che vede tutto il giorno attorno a sé e che, spesso, spilluzzica.
Prima osservazione: avere bambini piccoli non deve essere un alibi per fare scorte di biscotti, gelati, merendine… Anzi, Maria deve diventare consapevole e orgogliosa del suo importante ruolo di educatrice, anche in ambito alimentare. Quindi, la prima strategia è quella di eliminare le tentazioni.
La seconda è quella di stabilire degli orari e dei luoghi in cui fare uno spuntino programmato: ad esempio, alle 10.30, in cucina, a tavola apparecchiata, seduta, mangerò una fetta di pane con un po’ di olio.
E per l’attività fisica? Dopo pranzo il figlio piccolo dorme per circa due ore, mentre la figlia maggiore è ancora all’asilo. Ecco un buon momento per fare esercizi seguendo applicazioni o video, oppure pedalare un po’ su una cyclette leggendo.
💡 Quindi, passate molta della vostra giornata tra le quattro mura domestiche? Nessun problema! Pianificate gli spuntini e fate scorta soltanto di opzioni alimentari salutari!
Questi sono solo due esempi, trattati brevemente. Il messaggio che vorrei che rimanesse è che non c’è nessun lavoro che sia un impedimento insormontabile a uno stile di vita che vi faccia stare meglio. Non dubitatene! 😀
Buongiorno! 🙂
Il 2018 è iniziato da quasi un mese, ormai, ed io ho quasi ultimato le visite di monitoraggio del peso di pazienti che per l’ultima volta avevo incontrato prima di Natale.
Questo mi fornisce lo spunto per l’argomento di questo articolo: gli ingozzatori. Non che ci si imbatta in questi solo durante le festività, certamente, però, più spesso durante le feste, dato che aumentano le occasioni conviviali.
Gli ingozzatori sono quelli che ti invitano a casa propria con l’unico scopo di alimentarti il più possibile. Scrutano con attenzione il tuo piatto e, quando sta per svuotarsi – non aspettano neppure che sia vuoto – lesti, lo riempiono. A un timido cenno di protesta, possono rispondere in più modi, ma in generale, le opzioni più frequenti rientrano in due categorie:
In un caso si insinua il senso di colpa, nell’altro quello di vergogna.
E non è detto che questi ingozzatori agiscano soltanto a casa, possono trovarsi anche a cene organizzate in locali, o a buffet di festeggiamenti.
Come difendersi senza risultare scortesi?
In un libro interessante ed utile per molti aspetti* ho trovato un paragrafo dedicato proprio alle strategie per dire no a questi ingozzatori.
Una tattica potrebbe essere quella di prendere una minuscola porzione iniziale, lodare ogni (piccolo) boccone che mangiamo e poi chiederne con entusiasmo un’altra. A questo punto, dovremmo poter tranquillamente declinare il tris, visto che abbiamo richiesto il bis!
Tuttavia, se il pranzo prevede dieci portate, può essere necessario semplicemente dire no:
Vi assicuro, per esperienza personale, che la numero tre riscuote molto successo, gratifica molto la cuoca o il cuoco e, inoltre, vi fa risparmiare il giorno dopo il tempo ai fornelli. Ma non esagerate con la quantità che vi portate a casa! 😉
Vorrei aggiungere altre due possibili strategie per declinare.
La prima è di una mia paziente che, quando le amiche insinuano che lei mangi troppo poco perché a dieta, risponde:
L’altra l’ho vista in atto ad un rinfresco serale dopo una riunione. Alcune donne avevano cucinato dolci molto appetitosi e li offrivano con entusiasmo, riuscendo a vincere varie proteste.
Una signora anziana, sorridendo e guardando negli occhi l’ingozzatrice, disse semplicemente:
Che semplicità!
Ricordiamolo: quando siamo in salute, si mangia, quando si ha fame (biologica). Non per noia, gola, nervosismo, accondiscendenza…
Si mangia, se, e solo se, si ha fame!
Buon 2018 in forma! 😎
*Breitman, P., Hatch, C. How to say no without feeling guilty. 2000
Buongiorno! 🙂
Oggi parliamo di sgarrare. Sgarrare etimologicamente significa sviarsi, sbagliare; in particolare i pazienti impegnati in un percorso di dimagrimento lo utilizzano per sottolineare che sono venuti meno a un impegno commettendo un errore in ciò che hanno mangiato:
«Dottoressa, glielo devo dire: ho sgarrato! ? ».
Per schematizzare potremmo distinguere tra uno sgarro che riguardi la quantità (mangiare di più) o la qualità (mangiare qualcosa di non previsto nel piano).
Prima di tutto una premessa: avere consapevolezza che si è avuta una difficoltà è una buona cosa, essere mortificati, nel senso di rattristarci rimproverandoci e facendoci provare vergogna, non è una buona cosa. Quindi non parliamo di sgarro che porta già un po’ con sé l’idea della mortificazione. Parliamo di variante imprevista.
Se abbiamo variato le quantità, il risultato dipende dalla frequenza e dall’importanza della variazione (il 10% in più? O il doppio?). L’importante è ricordarsi che il peso è il risultato di un bilancio tra entrate (quello che mangiamo) e uscite (quello che consumiamo col metabolismo basale e l’attività fisica): se una volta abbiamo aumentato le entrate, aumenteremo anche l’attività fisica e non ci sarà nessun problema.
Se abbiamo variato la qualità: ben venga! Probabilmente abbiamo introdotto un alimento che nel piano alimentare non era stato specificato, ma che può benissimo starci. Ricordiamoci che non esistono cibi buoni e cibi cattivi: tutto è buono nella giusta misura, est modus in rebus!
È importante essere consapevoli e attenti verso ciò che mangiamo, e né troppo indulgenti, né troppo intransigenti.
E ricordatevi che lo specialista (medico o dietista) a cui vi siete rivolti è lì per aiutarvi, parlategli sempre delle vostre difficoltà, non fatevi prendere dallo scoraggiamento e dalla tentazione di abbandonare il percorso intrapreso: la soluzione è a portata di mano! 😀
Buon lunedì! 🙂
Parliamo della vista, uno dei nostri 5 sensi. E pensiamo ai modi di dire che mettono in correlazione la vista e il mangiare: mangiare con gli occhi, nel senso di guardare qualcosa o qualcuno con grande desiderio, e avere gli occhi più grandi dello stomaco, nel senso di valutare in eccesso a causa della gola quello che vorremmo mangiare e poi non riuscire a finirlo. Uno dei brani più conosciuti del libro della Genesi ci presenta Eva nel giardino in Eden tentata dal serpente. Il primo effetto della tentazione è sulla vista: “Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi”.
Ora, se Eva si è fatta tentare con un frutto, potremmo mai noi resistere a dei dolciumi in bella mostra?
In uno studio del 2006 è stato provato che il consumo di caramelle e cioccolatini aumentava quando i dolciumi erano visibili e vicini ai partecipanti, e bastava metterli in un contenitore opaco, invece che trasparente, oppure allontanarli in modo che ci si dovesse alzare per prenderli perché il consumo diminuisse. Quindi la conclusione è: impariamo da Eva che con la tentazione non si dialoga. Infatti, apriamo il pacco di biscotti dicendoci che:
– ne prendo solo uno!
– Magari solo un altro…
– Tre e poi basta!
– Va bene ne ho estratti due per errore, ma poi basta.
– Ormai ho perso il conto, tanto vale…
La soluzione è evitare di acquistare ciò che ci tenta, ma se questo al momento non fosse possibile, ricordiamoci di non esporre la tentazione in bella mostra e a portata di mano, ad esempio i cioccolatini accanto al divano. Magari in bella mostra mettiamo frutta e anche verdura, ne guadagnerà in salute tutta la famiglia!
Buona giornata! 🙂